
Filmed in 2020, at the height of the pandemic in Brescia, one of the Italian areas most severely affected by COVID-19, the work becomes an act of visual and anthropological resistance. In a city where ambulance sirens dictated the rhythm of isolation, Weik chose to construct a collective image against solitude, bringing together under full sanitary restrictions forty real protagonists of the Italian hardcore and gabber scene, long-time attendees of the legendary Number One nightclub, then closed and silent.
The project is a ritual reconstruction of a culture rooted in physical contact, euphoria, sound, and proximity. The hardcore warriors, bodies once surrendered to the trance of 180 BPM, become the unaware actors of a pandemic theatre, suspended between memory and survival. The dance floor, turned into a controlled set, becomes a field of contained energy where movement is monitored, distance measured, and breath disciplined.
Weik captures this contradiction in a 40-minute film shot at 120 frames per second, where the slowness of the gaze clashes with the intensity of sound. Some frames are corrupted by the excessive volume of hardcore BPMs during filming; the glitch becomes a wound, a physical trace of the collision between sonic matter and technological device. The image fractures and implodes, finding truth in collapse.
In AssemblA, gabber culture is neither nostalgia nor citation; it is anthropological material, a collective memory of a social body that once experienced closeness as a form of freedom. The artist intercepts its tribal codes, its group urgency, its ritual of the human pyramid, and subverts them. What was once an act of assemblamento becomes a poetic and political act of assembling what fear has disbanded.
The very word AssemblA plays on the linguistic confusion between assemblamento and assembramento, becoming a manifesto of an entire era’s semantic fracture, a time when community was replaced by hygienic individualism, and sound by the silence of regulation.
Weik transforms the video into an invisible monument to distance, an emotional archive that records not only the impossibility of contact but also its irrepressible need. The production itself, marked by logistical, sanitary, and organizational struggles, becomes part of the language of the work, not an obstacle but a process of resistance. Every limit becomes form; every absence a delayed presence.
In this sense, AssemblA is not merely a testimony of the pandemic age but a visual theory of collective survival, an action that merges ritual and document, anthropology and glitch, body and code.
Weik inscribes into the film the fatigue, loss, and nostalgia of a culture that could exist only through proximity, one that now persists as a sonic echo and an archive of distance.
“ASSEMBLA SOUND III” FABIO WEIK © 2021 150cm X 100cm
ASSEMBLA Project è composto da installazioni video, opere digitali e da una piramide di manichini pregna di riferimenti socioculturali.
Il progetto si ispira alla sottocultura hardcore dell’Italia 90’s che realizzava piramidi umane all’interno della discoteca bresciana NUMBER ONE, la prima nota per aver organizzato serate frequentate da gabber e hardcore warriors.
Il nome dell’installazione gioca sulla diffusa confusione tra l’opinione pubblica delle parole “assemblamento” e “assembramento”, spesso scambiate tra loro durante il primo lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19.
In pieno clima di lockdown, Weik ha riunito 40 rappresentanti dell’Old School e della New School Hardcore Italiana e, nel rispetto di tutte le norme igieniche sanitarie, ha cercato di riportare in vita ci che accadeva nella SALA 2 del NUMBER ONE. L’intera azione è stata catturata in un lungometraggio di 40 minuti a 120freme/sec, da cui sono state ricavate 7 still life.
La scelta della presenza di quest’ultime si deve al fatto che alcuni frame del video sono stati corrotti dall’eccessivo volume dei bpm hardcore durante il giorno delle riprese.
L’effetto glitch è già presente all’interno del percorso produttivo che Weik dedica a tematiche riguardanti il sistema mediatico e si trova anche all’interno di alcuni scatti-portrait inediti, con protagonisti alcuni ragazzi del filmato.
Assieme al video, Weik presenta un’istallazione statica formata da un accumulo di manichini in scala 1:1 con outfit del marchio Australian by l’Alpina, la più famosa marca nel panorama gabber.
Attraverso questa produzione, l’artista indaga sull’estinzione del contatto umano diretto negli ambienti ricreativi.
In un’epoca non troppo lontana, i frequentatori della discoteca “dell’impossibile” (cosi riportava una targa all’ingresso) si spintonavano tra loro in un momento di collettiva euforia, passando poi a svolgere veri e propri poghi.
Solamente verso la fine degli anni Novanta è nata la piramide umana, il cui scopo era quello di toccare il soffitto della SALA 2 della discoteca bresciana.
In una sorta di rituale, la “tribù” degli hardcore warriors creava delle piramidi umane al fine di permettere ad un rappresentante del gruppo di salire in alto fino a toccare il soffitto della discoteca, pochi minuti prima della chiusura del locale.
Il manichino posto dall’artista in cima alla piramide è stato dotato di una maschera facciale a led che riproduce ininterrottamente la formula della distanza tra due punti nello spazio, con l’intenzione di Weik di richiamare l’attenzione sempre sul problema della distanza durante il periodo che stiamo vivendo.
Una distanza che, tra i partecipanti alle piramidi umane negli anni Novanta, era quasi inesistente.
Il rito ricreato dall’artista è basato sull’esaltazione del gruppo, dove ogni singolo individuo è necessario al raggiungimento dello scopo finale.
Con ASSEMBLA Project, Weik ricrea questo rito quasi primitivo causando un cortocircuito emotivo nello spettatore, un mix di nostalgia, di un agognato ritorno alla normalità, nonché di disgusto verso questa vicinanza estrema, animalesca. Il divieto di assembramento, la fobia di un eventuale contatto e l’ossessione per l’igiene sono la nostra nuova normalità.
L’artista ci porta ad interrogarci sull’effetto che l’inevitabile chiusura di discoteche e concerti, luoghi nevralgici della vita sociale, della distrazione e del divertimento, dove il contatto umano tra individui è reale e non digitale, avrà sulla società e sui giovani. ASSEMBLA Project inoltre, non è solo un riferimento al nostro passato più recente, ma è ispirato alle raffigurazioni storiche delle Forze d’Ercole che si svolgevano durante le festività del Carnevale Veneziano.
Le forze d’Ercole erano una prova di resistenza, abilità, agilità e soprattutto di equilibrio. Consistevano nella formazione di una piramide umana; gli acrobati delle due squadre – i castellani e i nicolotti– salivano uno sopra l’altro, tenendosi per mano e aiutandosi con lunghi pali e travi.
Chi riusciva a formare la piramide più alta, vinceva lo scontro.







In questa chiave di lettura, opere dal carattere rinascimentale dialogano con quelle digitali raffiguranti il rituale delle piramidi umane di fine novecento, evidenziando la continuità dei tempi e delle usanze sociali.





















